mercoledì 25 luglio 2012

Intervista a Giancarlo dall'Ara, il creatore del marketing del turismo in Italia


Pubblichiamo l'intervista rilasciata dal Prof. Giancarlo Dall'Ara al Dott. Roberto Correra, suo ex allievo, e pubblicata sul blog di quest'ultimo.
Siamo tra quelli che hanno avuto l'onore di consocere personalmente il Professore. 
Grazie a lui abbiamo recuperato quell'entusiamo che rappresenta una componente fondamentale per chi opera nel settore del turismo. 
Grazie, quindi, al Prof. Dall'Ara. 
La pubblicazione di questa intervista è un tributo che gli riserviamo quale segno della stima e dell'amicizia che ci legano a Lui.
 



Giancarlo Dall'Ara, per me è un onore intervistare, colui che è stato mio docente, ho studiato sui tuoi libri, ed ora eccoci qua, una vita dedicata al turismo, la prima domanda è quanto è cambiato il turismo? ed è cambiato in bene ?
“Il viaggio è una delle più antiche e comprensive figure della vita umana” ha scritto Enszenberger, e da questo punto di vista è rimasto lo stesso antico “Rito di Passaggio”: da un luogo a un altro, e da uno modo di essere ad un altro, come sostengono diversi antropologi. Poi certo, sono cambiate radicalmente le offerte, le aspettative, i comportamenti di chi fa turismo, ed è cambiata completamente la sua organizzazione. E’ questo mix tra una ritualità antica e inspiegabile, che sopravvive, e le sue manifestazioni contemporanee in frenetico cambiamento, che rende tutto molto complicato da seguire e da capire, e al tempo stesso rende il tema del turismo affascinante.

Giancarlo, ci spieghi bene cosa significa "Albergo Diffuso" visto che sei anche Presidente Associazione Alberghi Diffusi ?
L’Albergo Diffuso è la sintesi dell’approccio italiano all’ospitalità: permette di sperimentare lo stile di vita del nostro Paese, in un borgo, in una casa, usufruendo di tutti i servizi alberghieri. In più offre il pregio dell’autenticità, perché le case non sono state costruite per i turisti. Tecnicamente è un albergo che non si costruisce, quindi un albergo sostenibile, con una logica di sviluppo orizzontale (non verticale come quella degli alberghi standard), ed una gestione imprenditoriale, ma molto legata al territorio.

Come fa una struttura a capire se è un albergo diffuso o meno?   
L’AD non è solo una definizione, ma è un modello, esattamente come è un modello il villaggio turistico, o il B&B, o l’agriturismo. Se un gestore pensa di avere un albergo diffuso deve solo verificare se la sua struttura e se la sua offerta di servizio sono aderenti al modello dell’Albergo Diffuso. In più in diverse regioni ci sono norme e disciplinari che “classificano”l’AD, e che vanno rispettati.

Io ritengo che il marketing turistico sia nato con te, almeno in Italia, e non lo dico tanto per ma perchè credo sia profondamente vero. Oggi l'approccio marketing turistico che tu intendi come "non tradizionale" dove trova il suo apice, e come si raggiunge ? 
Sei molto gentile. Secondo me il marketing turistico in Italia ha vissuto diverse fasi, dopo una primissima fase nella quale ha guardato alle esperienze europee (Svizzera in particolare), a partire dai primi anni ’80 ha sempre più guardato all’approccio americano, fino a diventarne un clone, anzi una brutta copia. All’interno del marketing turistico, la visione italiana, il pensiero italiano è sempre stato largamente minoritario. Sono stati gli studi sul marketing relazionale, quelli della scuola nordica del marketing, a dare coraggio e nuove ragioni ad una via italiana al marketing nel turismo. Questo perché il nostro approccio al turismo è sempre stato basato sulle relazioni, più che sul marketing mix (le famose “leve” della promozione, del prodotto del prezzo…), ma da noi, eccezioni a parte, non si era mai data dignità teorica e credito alla relazionalità. Ora viviamo una nuova fase: in questi ultimi anni, la rivoluzione di internet, i Social Network in particolare, hanno dato ulteriore linfa al marketing così inteso. Penso che un approccio non tradizionale/americano, e quindi con le radici nella nostra cultura, possa essere esaltato dal web 2.0, dove non ci possono essere target da colpire, né visioni belliche. Mi pare che stiamo vivendo la grande occasione storica che finora ci era mancata. Purtroppo non pochi di quanti si occupano di questi temi, propongono anche sul web il vecchio approccio della scuola dello standard, fatto di comunicazioni meccanicistiche (stimolo-reazione), trucchi, stratagemmi, trovate “virali”…, continuando quindi a vedere gli altri, i consumatori, come persone da ipnotizzare, bersagli da colpire e alle quali piazzare qualche prodotto. Tra non molto tempo vedremo se questa occasione storica si concluderà con il lancio, in Italia e nel mondo, della visione italiana del marketing, o se saremo ancora una volta la periferia dell’Impero che si limita a importare, a imitare, o peggio a scopiazzare male e in ritardo.
Giancarlo, Kevin Roberts, Ceo della Saatchi & Saatchi ha affermato che il marketing è morto, ovvero quel modo di intenderlo, sei d'accordo ?
Si ho letto, e ho commentato che quelle cose le aveva dette meglio e prima di lui Gerd Gerken nel suo straordinario libro “Addio al marketing”, un libro del ’90, che è stato pubblicato in Italia nel 1994, e che individua i limiti del marketing proponendo un nuovo approccio al mercato. Credo che il lavoro di Gerken sia stato lo studio che ha maggiormente contribuito alla crisi del marketing tradizionale, quello made in Usa per intenderci. Detto questo penso anche io che il marketing tradizionale sia morto da un pezzo, ma mi pare che non tutti se ne siano accorti, anzi girando sul web sembrerebbe che i suoi profeti invece di diminuire, siano aumentati. C’è ancora un atteggiamento fideistico su quanto si possano modificare i comportamenti dei consumatori con la semplice manovra delle leve del marketing mix.

Tu stai dando molta importanza al mercato cinese, come mai ? molti hotel pensano che sia un mercato seppur importante ma che prenota strutture "medio-basse" ed in periferia, quindi poco appetibile, è un pensiero errato?
Ho sempre cercato di monitorare i mercati esteri, e anche oggi cerco di seguire quelli principali in Europa, in America e in Asia. Ma la Cina è un caso a sé stante. Non ho mai pensato che la Cina sia la soluzione dei problemi del turismo italiano. Ma è un mercato che ha ritmi di cambiamento e di progressione formidabili, che non erano mai stati registrati nella storia del turismo. L’Italia da una decina di anni si limita ad osservare questo mercato con un certo scetticismo. A questo punto il problema è diventato culturale. L’Italia è ancora in grado di muoversi in modo dinamico nei mercati? Di comportarsi come hanno fatto generazioni di operatori prima di noi, quando partivano dal nostro Paese e andavano – per così dire – alla conquista di Germania, Gran Bretagna e Svezia? O siamo un sistema seduto, che si accontenta di scrivere un comunicato stampa, di aprire un sito web e di partecipare alle solite fiere? Secondo me la Cina (ma potrei dire cose simili per Brasile, Corea del Sud, India..), è la cartina di tornasole della situazione attuale del turismo in Italia. Pochi anni fa vedevo Enti e operatori (non tutti) perdere tempo a discutere di marchi o di itinerari o di dépliant, oggi li vedo perdere tempo dietro ad un blog o ad un tweet. Tutte cose utili, anzi fondamentali, se prima però abbiamo una visione e idee chiare su cosa fare nei mercati. Tornando alla tua domanda, è noto che la maggior concentrazione di “miliardari” è in Cina; in Cina non mancano davvero i benestanti, quelli che vorrebbero fare le vacanze individuali e “di qualità” come dicono gli albergatori, ma il tappo è rappresentato dalla nostra incapacità di fare marketing in Cina, dal problema dei visti (nonostante le chiacchiere) che penalizza soprattutto gli individuali , e dal poco impegno a fare le cose minime per comunicare con loro e accoglierli.

Giancarlo, tu per un verso ed io per un altro, lavoriamo per i giovani e meno giovani che vogliono affermarsi nel turismo, ricordo quando l'Università di Assisi, sfornava, non lauree riconosciute ma "pezzi di carta" seppur importanti ma erano tali, oggi tanti giovani si laureano in turismo, ma poi non trovano spesso quello che cercano, e quindi spesso si chiedono a cosa serve laurearmi in turismo laddove poi non trovo una seria collazione, tu cosa ne pensi?
Il turismo italiano oggi ha tutte le caratteristiche di un sistema bloccato. Senza guida, senza strategia, con molti “cerchi magici” che tengono lontane le persone che hanno idee nuove e i giovani in particolare. Ciononostante, e anzi forse proprio per questo c’è bisogno di una ventata nuova, di nuove idee, nuovi prodotti, nuove competenze professionali. Grazie al web, si può fare molto anche cominciando da soli, creando reti e alleanze, lanciando idee e progetti a aggregando chi ci sta. Il mio invito è di studiare, di guardare ai mercati con umiltà e voglia di imparare, e soprattutto di fare esperienze sul campo, tutte quelle possibili: dal cameriere, al banconista, all’accompagnatore, al direttore. Senza queste basi non credo si possa fare bene marketing nel turismo. La laurea serve se è l’occasione per imparare, per fare esperienze e per creare relazioni con altri che la pensano come te.

Quali progetti per il futuro, sicuramente ne hai tanti o sbaglio?
I temi nei quali al momento sono più coinvolto riguardano l’Accoglienza turistica, i piccoli musei e l’ospitalità diffusa. Sul tema dell’Accoglienza turistica ho in stampa un libro che dovrebbe uscire prestissimo, poi a ottobre ci sarà la terza edizione dell’Assise Nazionale dell’ospitalità Italiana che coordino, e che è l’unico appuntamento nazionale sul tema. Su questo versante ho in programma non poche novità a partire dall’autunno prossimo. Sul tema dei musei ho appena fondato l’Associazione dei piccoli musei e sto organizzando il convegno che si svolgerà a novembre ad Amalfi, ed ora sono impegnato nelle relazioni internazionali con le altre associazioni che nel mondo si occupano di piccoli musei. Infine sull’ospitalità diffusa ho cercato di mettere a punto altri modelli, oltre l’albergo diffuso, e cerco anche in questo caso di promuovere delle iniziative che valorizzino l’ospitalità orizzontale made in Italy, in particolare all’estero.
Intervista estratta dal Blog del Dott. Roberto Correra

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